E’ passato quasi un mese da quando ho visto il mare dal Monviso.
Mi sono messa una decina di volte a cercare di scrivere qualcosa su quella giornata, ma non sono riuscita mai ad andare oltre a poche parole.
So che il motivo è l’effetto che mi ha fatto la notizia di quell’alpinista che è morto cadendo dai fornelli proprio il giorno dopo il nostro passaggio.
Quella fatalità è toccata a lui, pensavo, ma poteva toccare ad uno di noi.
Per questo il mio racconto si è fatto difficile, perchè, se cercavo di fissare la mia esperienza, venivo subito catapultata al giorno dopo, a quella sfortuna apparentemente estranea a me.
Temevo di scrivere qualcosa di patetico, e così ho sempre lasciato perdere.
Cilla mi ha incoraggiato a scrivere comunque.
Provo a farlo. Provo a dipingere le impressioni e a lasciar stare la cronaca.
Il mare visto dal Viso mi sembrava un miraggio. Come una distesa d’acqua vista nel deserto. Però era reale, e mi ha fatto sentire chiaramente che quella montagna ci aveva dato tutto, ma proprio tutto quello che poteva darci.
Compreso il mare.
Un regalo prezioso di Lia. Una completezza così spiazzante che non puoi non prendere atto che una tappa è conclusa, che bisogna voltare pagina.
Silvio non ha parlato quando ci siamo raccolti in cerchio sulla cima, isolandoci da un numero indefinito di alpinisti chiassosi. Mi è dispiaciuto non sentire i suoi pensieri. Poi ho pensato che l’uomo che piantava gli alberi sta quasi sempre in silenzio.
Mi è mancato Fiocco, e mi è dispiaciuto constatare, al nostro ritorno, che aveva fatto il monello mentre la mamma Cilla e l’amica erano via, e lui sapeva con certezza che erano in montagna.....
Certo, un cane non può salire sul Viso se non lo imbraghi, ma lui ce l’avrebbe messa tutta per stare con noi e tenere unito il suo gregge.
E’ molto più sensibile ed intelligente di tanti cristiani. E’ un vero Pastore.
Mi è piaciuto tanto che la compagnia fosse variegata e non fosse la fotocopia dell’anno precedente. C’era qualcosa di uguale e qualcosa di diverso. Questo ha reso lo stesso cammino un cammino diverso, né meglio né peggio, diverso e basta. Una bella metafora per la nostra quotidianità, che ci sembra sempre uguale, ma quando sappiamo osservare bene vediamo che non lo è.
Scendevamo e già facevamo programmi per il prossimo anno. Guardavamo avanti, nonostante la stanchezza. Magari un altro avrebbe sognato la macchina, noi contavamo il dislivello per salire sul Monte Rosa.
A esser sincera, mi sognavo anche una birretta.
Ritrovare Cilla è stato il regalo più bello che ho ricevuto negli ultimi anni.
Anche quest’anno, salendo in cordata con lei, non ho potuto fare a meno di pensare ai legami visibili ed invisibili che ti uniscono alle persone.
A volte li riscopri inaspettatamente, e sei grata alla vita che ti ha dato una seconda opportunità per rimediare alla tua passata distrazione.
Le occasioni mancate di quel giorno?
Non ho mangiato neanche una banana di Giorgio. In compenso il Nebbiolo era buonissimo.
Potevo risparmiarmi tutte quelle acciughe di Marcello, che mi sono rinvenute per 36 ore.
Avrei visto volentieri dal vivo l’incontro tra zio e nipote.
Non sono riuscita a capire un cavolo della dieta di Roberto e di Mavi.
Vorrei conoscere la moglie di Luca, che ha il coraggio di rifilare al marito un kg di mozzarella ripiena arrotolata da portare nello zaino, con grande orrore di Silvio.
Neanche quest’anno ho sbirciato nello zaino di Silvio per aver svelato il segreto di dove tiene tutto quello che porta.
Mancava Carla, ma era felice e beata in Olanda dopo la faticata del Bianco, ed era certamente vicinissima a noi con il cuore e con il pensiero.