Gran Paradiso
Siamo arrivati.
Comincio di qui, dalla parte finale, per raccontarvi il mio viaggio ovvero dal momento in cui hanno cominciato a stemperarsi le tensioni, dal momento in cui si sono sciolte le paure e la vita ha cominciato a riprendere il suo giusto spessore.
Nella mia vita ed in quella di Vilma in questi tempi tra arrivi e partenze, matrimonio di Cri ed Adamo, lavoro, casa … si sono accumulate tensioni a gogò, con la ciliegina finale: la salita al Gran Paradiso con mezza famiglia, con il Pietro trascinato dall’entusiasmo ed il Mauro spuntato dietro di lui. Detto in soldoni la paura di andare a “combinarne qualcuna” con l’inevitabile carico di responsabilità.
Fobie, magari notturne, perché i miei due “marmocchi” sono in grado di mangiarsi tranquillamente il “genitore” e gli altri due adulti sono tutti e due vaccinati ma tant’è, alle emozioni non si comanda.
E allora partiamo con una spinta grande, una tranquilla sicurezza di farcela ma parto anche con un groppone nel cuore che pesa da tempo. Partiamo slanciati, il Marci Barbero spinge, la famiglia va forte ed io non mollo manco a morire. E’ un giorno d’incanto, senza una nuvola, un giorno di pace ed il cuore è leggero. Saliamo veloci, troppo veloci e mandiamo in crisi il Pietruzzo.
Quando lo vedo arrivare, mi sembra di capire che ha qualcosa dentro che lo opprime, provo a dargli placebi ma intanto cerchiamo il dottore. Chissà se ce a farà a partire, a tenere … Gli altri sono tranquilli, contenti. Il rifugio è rilassante, lo spazio è ampio. A cena mi metto di servizio, sono tutti contenti.
Dormo tranquillo e arriva il mattino. Partiamo.
Quattro passi e arriviamo al ghiacciaio. Ramponi, picche, imbraghi, cazzate, pisciate e infine… cordate.
Sembrano tutti tranquilli, nascondono, non dicono niente, fanno il loro “dovere” e reprimono paure ed angosce. Anche il Pietro continua la sua routine; lo fa anche Cilla… mah… forse andiamo su tutti, chissà... Partiamo di nuovo; si sale.
La prima emozione forte ce l’ho al salto del crepaccio. Cavoli non me lo aspettavo. Prima sorrido nel vedere gli altri esitare ma quando tocca a me che di norma non ho paura, vedere all’improvviso tutto quel vuoto sotto mi angoscia. Pianto la picca e salto ma mi inciampo nella corda… cavoli per poco non pianto un casino. I crepacci profondi, duri, freddi, paurosi, messi a nudo dal caldo, sono la cosa che mi ha colpito di più di questa gita.
Si sale, è dura ma un passo dopo l’altro lo facciamo tutti. La “piccola” (Elisa) davanti a me ogni tanto mi tira, ha più gambe di me. Adamo è dietro, lui va come un diesel, manco se ne accorge della salita, Io non ho portato da mangiare per essere leggero, lui solo di tonno ne ha cinque scatole.
Arriviamo al ghiacciaio sommitale, ci siamo tutti, ce la facciamo; si vede la vetta, sicuri che ce la facciamo tutti. Ora anche quelli più in crisi ci metteranno tutto, Gran Paradiso arriviamo. Siamo in 13 da 14 a 70 anni, quasi un miracolo, bravo Silvio un passo da vero campione.
E’ bellissimo. La vetta è molto originale, il tempo, il paesaggio, il gruppo, i miei cari, i volti, i sorrisi gioiosi, la gioia e la felicità per essere arrivati, per avercela fatta. Una vera emozione.
Provo una gioia semplice e mi sciolgo, sono felice.
Anche la mia curiosità, la mia intelligenza sono appagati. Qui si vede proprio il grande gioco del giaccio. Gli gneis stratificati della vetta (antichi graniti o dioriti schiacciati ed oggetto di metamorfosi) come cubetti di un lego sono ancora li, in un fragilissimo equilibrio mentre vicino a loro la forza immane dei ghiacciai ha eroso le rocce vicine. I due ghiacciai hanno portato proprio via tutto, è rimasta l’esile e fragile crestina. Molto originale.
Ci avviamo sulla cresta e grazie a due rimandi messi dalla nostra guida saliamo alla Madonnina. Bellissimo. Peccato che non siamo ancora arrivati e già dobbiamo scendere. Non ho tempo per vedere nulla. Solo la vetta del Bianco mai visto bene così mi attrae. Il Viso lontano segna la nostra casa, le nostre radici.
Un rapido abbraccio, un sorriso e scendiamo.
Quando vedo Marci un po mi intristisco, capisco che non ha potuto fare quello che hanno fatto gli altri. Mi solleverà più tardi sapere che in vetta ci era già stato più volte con gli sci quando in un solo giorno ed in una notte partiva e tornava a Centallo salendo in vetta. Una vera forza della natura come da sempre.
Discesa. Bellissima, facile ma continuano ad impressionarmi i crepacci.
Ora c’è “gente” che parla parla, parla sciogliendo la tensione. Pietro è irrefrenabile, Cilla (come ebbe a dire Giorgio) “e poi Cilla show”. Siamo presto al rifugio.
Sarà la tensione che avevo accumulato, sarà la gioia che tutto è andato bene, sarà …. ma sono stanchissimo, addirittura sfatto. Mi faccio una doccia e mangio al coperto, mi isolo un pò.
Saluto grato Silvio ed il suo bel (e promettente) figliolo. Ha saputo farci un grande servizio da vera guida alpina che non solo sa indicare la traccia ma sa anche indicare il modo per fare imprese alpine.
L’emozione mi prende al momento di ricordare Lia. Piango e do sfogo alla mia tensione, ma anche alla mia gratitudine perche senza di lei qui non ci sarei, non ci saremo. E’ facile accorgerci che abbiamo fatto qualcosa di normale ma anche un po fuori riga: da 14 a 70, con i nostri handicap (solo Marci lo fa vedere), le nostre fragilità ma anche con tutta la nostra forza, la nostra tenacia ed il nostro cuore. Grazie Lia che ci camminavi accanto e grazie a tutti noi che con voci diverse cantiamo la vita.
Mi riprometto di cantare di più la vita nei giorni che verranno e lo farò. Lo sto già facendo.
Pietro tanto per non sbagliare comincia subito (non siamo più riusciti ad infilargli il silenziatore) e la discesa è stata un gorgheggiare continuo che ha contagiato il gruppo. Ci siamo chiesti cosa Livio abbai usato per ravvivare l’infermo e molti di noi hanno espresso malignità incredibili ma tant’è: saliva un “morto”, è sceso un vivo. Miracolo da “Gran Paradiso”
Al’arrivo saluti affettuosi e gesti belli, dolci e sinceri ma anche serenità e una gran gioia nel cuore.
La serenità di rivedere una volta all’anno una che parte con l’handicap della quota (da -4); una che sta ad Alessandria ma ha una base sulle Alpi; il nostro amato ed incredibile dottore a cui ora sicuramente ricorreremo nei momenti di depressione; l’incredibile rosso di Savigliano; la nostra base forza, roccia che sta a Saluzzo e che è una forza di vita; il Marci che quest’anno ha fatto vedere qualche fragilità ma è sempre una roccia dal cuore enorme; il neo lazzaro canterino; il tostissimo Mauro; la mia figliola su cui un tempo non avrei giocato un soldo sul fatto che avrebbe fatto tutto questo e che sarebbe stata così tosta ed entusiasta; il genero dal sorriso largo e dalla generosità enorme ed io che vi scrivo e vi saluto con affetto.
Marcello
P.S. al ritorno per l’entusiasmo Adamo, invece di imboccare la via di casa, ha preso la direzione contraria ed è partito verso il Bianco.
Sicuramente non è una cima da gita sociale ma un segno della direzione alpina del nostro gruppo per i prossimi anni senz’altro.
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