Prime considerazioni a freddo, anzi a ghiaccio, per la bella escursione sul ghiacciaio del Bianco, domenica scorsa.
Se le foto che noi otto abbiamo scattato e postato sul gruppo “MONTAGNA CON LIA”, le appendessimo in sequenza sul cavo portante della funivia Sky way da Entreves a Punta Helbronner, non ci starebbero tutte.
Stupore, bellezza, gioia, contemplazione e ringraziamento!!! Questi 5 sostantivi pur senza verbo, basterebbero a formare la frase per descrivere ciò che ho, abbiamo provato.
Invece probabilmente sarò prolisso, lezioso, stucchevole, ripetitivo e noioso… 5 aggettivi che Marina mi aveva affibbiato, dopo aver letto un mio scritto.
Sabato sera.
Ogni telefonata che ricevevo, mi creava ansia, perché annunciava l’anticipo della partenza. Chi organizzava, avrebbe voluto arrivare alla biglietteria della funivia con un margine di tempo sulla prenotazione delle otto. Forse per non dover fare una levataccia, Cilla e company hanno deciso di partire questa sera. Ho provato un po’ di preoccupazione nel lasciare salire in Valle quattro donne sole e rammarico, mi sarebbe piaciuto far loro compagnia.
Domenica mattina, molto prima dell’alba.
Come lo scorso anno, Pietro dovrebbe passare a prendermi. Ho un po’ di timore perché alle tre del 18 luglio 2020, mi aveva telefonato sua moglie per dirmi che lui era costretto a rinunciare all’escursione, stava malissimo. Questa mattina mi è stato naturale attivare subito il volume del cellulare e mentre mi stavo preparando, mi chiedevo che cosa sarebbe successo oggi?
Alle 3:32 non è il telefono, ma un w. app. che mi fa sobbalzare. Se non è Marci, sarà Pietro, partirà adesso da casa, penso e spero. “Son qui…” e mi spiazza. “Già da me? ma che fuso orario hai?”, controbatto.
Raccolgo tutto, dimentico la sosta in bagno, mi precipito affannato, non so quanti scalini scendo per volta con l’unico pensiero di non dimenticare nulla. Pietro è l’uomo degli imprevisti e degli estremi. Passa dalla rinuncia all’ultimo momento ad arrivare all’appuntamento molto prima del previsto. Ai chiarimenti penserò più tardi, con calma. Per ora rinuncio a capirlo… e dire che sembra uno di noi!
Secondo stop a Villafalletto, naturalmente in anticipo, poi trasbordiamo noi due e attrezzatura varia sulla macchina di Marci. Completiamo il carico con Silvio, imbraghi e picozze alle 4:20 alla stazione di Saluzzo. Mi distendo comodamente nelle retrovie e mi appisolo, anche se la guida del mio omonimo è nervosa e poco rassicurante.
Sento nell’abitacolo la parola sky way, ma il sonno e la mancanza di coraggio mi impediscono di domandarne il significato. Sarà un’altra di quelle parole inglesi che ci stanno accompagnando da quasi due anni, come lockdown, (confinamento) streaming, (segnali audio e video via internet) e download (scaricare un file da internet), che mi creano fastidio perché la nostra lingua è ancora quella italiana e con la pandemia, stiamo pian piano perdendo per strada i vocaboli.
Sky Way è il nome della avveniristica funivia del Monte Bianco a Entreves!!!, mai sentito prima.
Alle 6:45 più che puntuali, siamo al suo cospetto. Ci ritroviamo tutti al parcheggio mentre una lunga fila di alpinisti attende alla biglietteria. Avevamo recuperato Ombretta a Ivrea. I saluti e gli abbracci, alla faccia del distanziamento, proseguono con Cilla la nostra organizzatrice, sua figlia Rebecca che non vedo da tempo e le new entry Olga e la giovane Enrica.
Sono le sette passate, ci informiamo, nessuno s’è mosso e la coda cresce, chi era prenotato di salire alle 6:30 è ancora in attesa. I ritardi sono dovuti a controlli e verifiche per la neve, caduta in nottata. Un fugace e triste pensiero va alla funivia del Mottarone mentre riempio il tempo di attesa col bar, la toilette, le chiacchiere anche con gli sconosciuti, ma legati oggi dalla mia stessa passione.
Mi auguro ci sia sole in quota e sarò accontentato. Per fortuna il tempo ha già fatto i capricci in nottata, quando quasi tutto il mondo ancora dormiva. Imbarco sull’avveniristica funivia alle 8:30. Pare di essere al gate di un aeroporto. Anche qui si decolla.
In un amen ci ritroviamo sul ghiacciaio e poco dopo le 9.30 inizia la nostra avventura. Siamo ben equipaggiati, Silvio ci lega con professionalità e pazienza. Il trenino umano con i suoi otto vagoni parte in discesa, anche se poi dovremmo salire per raggiungere il colle d’Entreves, che bello. Qualche alpinista, temprato al freddo ha pernottato quassù sul ghiacciaio in tendine dai colori sgargianti. Il panorama è spettacolare, irreale, pare di essere in un altro mondo. Tante sono già le “formichine” disseminate qua e là sul bianco lenzuolo di ghiaccio, il nostro, forse, è il gruppo più numeroso e sicuramente il più affiatato. Due ore abbondanti e siamo al colle. Ognuno gioisce a modo suo. Chi preferisce il silenzio e chi cerca di descrivere le cime che curiose ci salutano dall’alto. Chi ammira il Bianco, il più bello, il più alto, il maestoso, il più famoso di tutti. C’è invece chi preferisce collegarsi con Lia forse poco più in alto!
Un breve ma coinvolgente momento di condivisione di tutti e mi pare di vedere Lia scendere in corda doppia senza difficoltà alcuna, accompagnata da due magnifici corvi di montagna per pranzare lì con noi. Gustosissimo il pasto, anche se frugale, fugace, consumato in piedi, legati, accarezzati da una piacevole brezzolina che giunge da quella spettacolare finestra sul mondo. Se osiamo alzare il capo e spalancare gli occhi, percepiamo che tutto ci supera. Blu e bianco, bianco e blu, secondo dove si inizia a guardare. Due bellissimi colori che si abbinano perfettamente tra loro, con qualche macchia di grigio e marrone qua e là, che, in un altro contesto, saprebbero di sporco o di disordinato. E ancora tanti pixel di umani sparpagliati qua e là, che danno ulteriore bellezza a questo capolavoro del nostro Dio.
L’escursione per qualcuno non è delle più impegnative, ma dal punto di vista panoramico, per tutti, non ha eguali. Già pensiamo alla gita del prossimo anno. L’Aiguille du Midì è là in fondo a provocare i nostri pensieri. Saranno 300 metri di dislivello in più rispetto ad oggi, ma con una giornata simile, sono fattibili per tutti. Ci limitiamo a sperare e sognare mentre le voltiamo le spalle per affrontare l’ultima salita prima di raggiungere il Rifugio Torino.
Voglio passare in rassegna il nostro trenino, iniziando dall’ultimo vagone passeggeri.
Cara Ombretta, ci siamo rivisti a distanza di un anno dal Breithorn. Il tuo fisico non è cambiato e nemmeno la tua simpatia e preparazione atletica. Quando la fune ce lo ha permesso, come pure in auto, abbiamo ripercorso i momenti belli delle scorse edizioni. Se non erro, sei sempre stata presente ai 13 appuntamenti in ricordo di Lia, complimenti per la tua costanza e tenacia. Lo sai che da ieri sto vedendo tantissime Panda colore ocra? come posso non pensarti?
Marci. Nella risalita qualcuno ti ha battezzato Radio Marcello, avremmo voluto abbassare il volume, perché tutta la cordata sentiva le tue notizie, anche chi non era interessato. Il fiato in esubero sarebbe stato un bellissimo gesto di volontariato, se in quel momento lo avessi donato a chi se lo sentiva mancare. Grazie della tua disponibilità e generosità nel mettere a disposizione l’auto. Mi colpisce sempre la tua voglia di montagna e che tu l’abbia perdonata, anche se nell’agosto 2019 è stata particolarmente scorretta nei tuoi confronti. Grazie della tua amicizia anche oggi.
Rebecca. Hai fatto questa escursione in ricordo di tua sorella, per te sarà stato un nuovo pellegrinaggio, non disseminato di Ave Marie, ma di pensieri alla sorella e di qualche contestazione giovanile alla mamma. Grazie del tuo sorriso contagioso e dei calorosi abbracci a tutti, ma soprattutto a mamma e Lia, invisibile, ma presente nella vostra unione familiare. Ho capito dalla tua loquacità e performance che per te il colle d’Entreves è stata una passeggiata e non ti crea preoccupazione se il prossimo anno saliremo sull’Aiguille du Midì.
Enrica. E’ bellissimo che ci siano anche giovani ragazze come te e Rebe, appassionate di montagna, vuol dire che le cime non rimarranno più sole come è successo durante la pandemia o quando si arrenderà la nostra generazione. Mi ha stupito e ho invidiavo la tua interminabile treccia di capelli che dolcemente lasciavi ricadere sul cuore per evitarle di essere stropicciata o stiracchiata dallo zaino. Ogni volta che i miei occhi si fermavano su quell’intreccio, istintivamente mi passavo la mano nei capelli, ma subito la ritraevo deluso.
Pietro. Ho parlato di te all’inizio, potrei scriverne un libro, ma non vorrei ti montassi la testa. A volte il passaggio per diventare famosi è breve. Dalle numerose telefonate, ho percepito la tua preoccupazione per la spedizione, eppure sapevi che non si andava in Himalaya. Con dovizia certosina, hai messo ogni cosa in quello zaino, che mi ricordava quello di scuola di mia figlia. Ha incuriosito non solo il nostro gruppo, ma altri alpinisti. Volevi lanciare una nuova linea di vecchi zaini da rimettere sul mercato? Però hai subito un rimprovero da Silvio, le sue tasche sono troppo sporgenti come quelle della Harley Davidson. Ogni volta che osservavo il tuo nord, mi pareva trasportassi un armadio con tanti cassetti. Li aprivi con disinvoltura a seconda se volevi offrire datteri o mirtilli e senza fare confusione, trovavi subito il cercato, avevi tutto ordinato e catalogato come i prodotti esposti al supermercato.
Olga. Dal nome curioso, pensavamo fossi di origine russa e invece Villafallettese di nascita o adozione, non ricordo.
Non sei stata di molte parole, ma il silenzio e la riservatezza sono qualità che anch’io vorrei avere, anche se ne sono lontano anni luce. In cordata eri davanti a me e forse anch’io ti ho tediata con i miei rimbrotti e ti chiedo scusa. Spero di avere altre occasioni per rivederci e condividere nuove camminate e non solo su ghiacciaio.
Cilla Se Silvio era la motrice, tu eri capotreno. Sei salita benissimo quest’anno e avevi ancora fiato in esubero nell’ultima rampa. Hai fatto foto eccezionali, pur scattando da posizioni problematiche. Ti sei addossata tutte le responsabilità dell’organizzazione, che quest’anno è stata particolarmente problematica a causa dei vaccini e sei migliorata anche in matematica, i conti sono tornati subito.
Ad ogni comunicazione che mandavi o ad ogni telefonata che facevi, ripetevo a me stesso: “Speriamo non getti la spugna”. Ma quando si crede fermamente in qualcosa e c’è l’aiuto di chi è in Paradiso, le proposte si attuano e così è stato. Grazie della tua simpatia, energia e capacità organizzativa.
Silvio. La nostra locomotiva. Anche tu sei di poche parole ma attento ad ognuno di noi. Ti sei subito prestato quando dovevo scendere la scala a pioli sul ghiacciaio e quando hai dovuto legarci di nuovo perché con una cordata così lunga, sarebbe mancata a te la fune. Ho apprezzato il tuo intervento nel momento di condivisione in ricordo di Lia. Ti ho visto anche umano, al ritorno in auto quando ti assopivi. Spero di rivederti, se non prima il prossimo anno, per una nuova avventura. Grazie della tua disponibilità a 360 gradi.
PS martedì,13 luglio
Marci, domenica mattina, passando davanti al cimitero di Saluzzo mi aveva detto che Lia riposava proprio in quell’angolo di muro. Questa mattina, perché mi illuminasse a scrivere, sono andato a trovarla. Ho passato in rassegna tutte le tombe della facciata del cimitero e una lunga parte dell’angolo destro, ma non ho individuato dove riposa. Ho chiesto pure spiegazioni, ma senza successo come pure una telefonata andata a vuoto. Lia sicuramente mi avrà visto e si sarà fatta una risata. Avrà pensato: non importa dove riposa la nostra parte biologica, la ciccia, la carrozzeria, ma come abbiamo saputo gestirla in vita e se siamo stati profumo per i familiari e il prossimo. Lia lo è stato e lo è ancora.