Allora avevo 19 anni e ora ne ho 45: una bella differenza. Allora avevo la promessa della vita davanti, adesso porto il peso di molti, troppi dolori che la vita mi ha regalato.
Questa cosa bellissima è nata così semplicemente, come spesso nascono le cose belle, senza tanti giri di parole e complicazioni annesse. Non ricordo nemmeno bene come è andata ma so che con Danilo si parlava di montagna e magicamente si sono incontrate le parole Monviso e per Lia. Il resto è venuto da sé.
E così dopo molti preparativi e la settimana intensa di Chitarrissima, ecco che la sera della domenica 30 agosto arrivano da me Carla, Ombretta e Daniela, le mitiche compagne della scuola per educatori Firas di Torino. Averle ritrovate dopo circa 22 anni è anche questo un regalo di Lia, perché dopo la sua morte Daniela, Carla e Bruna hanno deciso di cercare tutte le altre, cosa non facile visto che era passato un sacco di tempo e che eravamo una classe di 30! In aprile è stata fatta una giornata in cui almeno la metà si è presentata all’appello ed è da aprile che Carla si è allenata con entusiasmo per l’impresa.
La sensazione di ritrovarmele a casa domenica sera è stata bellissima: loro che abitano lontano e lontanissimo (Alessandria, Monza e Olanda) erano tutte e tre a casa mia, a Saluzzo, e la cosa strabiliante è che il tutto era assolutamente “normale”… come se l’avessimo sempre fatto! Queste, secondo me, sono le magie delle relazioni profonde, quelle vere che resistono al tempo e alla lontananza.
Lunedì mattina dopo una notte quasi insonne (io per la tensione-stanchezza della settimana, loro penso per il mio divano letto parecchio scomodo…) ci siamo ritrovate con Robi, che da buon cavaliere ci è venuto a prendere.
Adesso vorrei inserire la foto di noi in cortile per imitare l’arte di Roberto, ma ci ho provato e non sono capace...quindi accontentatevi!
Sulla strada raccogliamo Danilo che ci aspetta a Brossasco e a Castello ci ritroviamo con la mitica guida Silvio, grande sia per l’altezza che per la bravura.
Ci si sistema, si prende informazioni, si chiedono consigli e soprattutto si alleggeriscono gli zaini (Roberto) e nel mio caso, addirittura si cambia: il mio effettivamente è gigantesco, con un sacco di comode tasche esterne, e non è assolutamente adatto all’arrampicata. Il risultato sarà che camminerò comodissima, con uno zaino incorporato alla mia schiena, ma perderò regolarmente le cose perché non saprò mai dove le ho messe!
Alle 9.50 salutiamo Silvio, che ritroveremo alla sera, e ci incamminiamo su per il sentiero del Vallanta in una nebbia fresca e gradevole; dopo il caldo della pianura questo tempo è perfino piacevole. Inoltre ci avvolge come un’ovatta e noi cinque ci ritroviamo a chiacchierare amabilmente, scherzando e ridendo come se ci fossimo sempre conosciuti (io si li conosco da tanto, ma loro no…) Ci scambiamo ricordi, emozioni e anche qualche segreto (vero ragazzi !?!) che rende l’atmosfera intima e accogliente. Mi piace vedere Carla e Danilo che parlano fitto fitto sul sentiero avanti a noi … sentiero che sale verso il Bivacco Berardo e che per ben 800 metri arranca ripido in mezzo al bosco, portandoci fuori dalle nuvole in un sole splendente, sopra un mare di nebbia! Avrò poi modo di apprezzare più tardi che, anche se molto arduo, almeno quello era un sentiero!!!
Perché dal Berardo (3 ore e un quarto per arrivare fin lì…non male per 1100 metri di dislivello) in poi, fino alla fine del vallone delle Forciolline la sera dopo, cammineremo e salteremo come capre di montagna su pietre e pietroni. Infatti mi viene da pensare che quel signore che abbiamo trovato al Bivacco e che con noncuranza ci ha detto che in mezz’ora avremmo raggiunto le Forciolline, era un gran burlone! Noi ci abbiamo messo un’ora e mezzo…! Era pur vero che mica avevamo fretta: là ci aspettavano Marcello ed Elisa che ci tenevano i posti. A dire il vero abbiamo avuto qualche dubbio quando due francesi incontrati poco dopo in mezzo a quella pietraia desolata, ci hanno riferito di non aver visto nessuno vicino al Bivacco. E visto che Marcello solo la sera prima mi aveva telefonato per chiedermi qual’era il bivacco dove doveva andare… abbiamo pensato: pensa se ha sbagliato posto e ci sta tenendo i letti da qualche altra parte!
Spettacolare è stato arrivare e passare la cresta vedendo lontano, ma ben visibile, il bivacco giallo vicino a un lago, che man mano che ci si avvicinava diventavano due, tre, quattro… Un panorama splendido, reso ancora più bello dalla presenza di quell’acqua trasparente e pulita.
Al bivacco effettivamente troviamo il sorriso di Marcello che con Elisa è arrivato prima di noi. Altre due persone sono già arrivate e ci organizziamo per dormire, prendere l’acqua che non è proprio dietro l’angolo e soprattutto non molto comoda. Abbiamo in mente le necessità della sera e del mattino, perché l’organizzazione ( il tour operator…) prevede una minestra calda per la cena (sapete quegli ottimi pacchetti liofilizzati della Knorr? Geniale l’idea di mescolare crema di asparagi e zuppa di verdure, eh? Mi spiace un po’ non aver accettato di mettere i fagioli olandesi di Carla…sulle olive invece non ho il minimo dubbio!) e the e caffè per la colazione. Noi siamo raffinati, mica come gli altri ospiti del rifugio (sarebbe un bivacco ma è talmente bello che mi scappa di chiamarlo così!) che viaggiano talmente leggeri che mangiano tutto freddo e non si lavano i denti per due giorni (che schifo…)
Dimenticavo di menzionare la mitica pentola da 1.7 KG che Marcello si è portato sulla schiena…poveraccio! E dentro la quale la minestra ha cotto fin dalle 17 sotto le cure di Elisa.
Il pomeriggio trascorre tranquillo tra un paio di camminate alla “fontana”, una chiacchierata a destra e manca (Danilo ed io ci siamo ritrovati a parlare mentre gli altri prendevano l’acqua e ci siamo accorti dopo un bel po’ che loro con molta discrezione ci avevano lasciati soli…grazie! Ho apprezzato e penso anche Danilo…) Proprio vero che l’intesa è fatta di poche parole…anzi a volte non ne servono proprio.
Verso la sera mi viene una botta di malinconia, vuoi per la stanchezza che inizia a farsi sentire, vuoi per la bellezza di quel paesaggio davvero incredibile. Sono arrivati anche tre stambecchi che girano attorno al bivacco, incuranti della nostra presenza.
Poco dopo arrivano Marco, Elena e Massimo stravolti dal peso degli zaini (tenda + corda da 50 metri) e dalla camminata (capiremo poi il perché quando anche noi faremo quel sentiero a scendere…a proposito: grazie Silvio del consiglio datoci!) e, più tardi, leggero come un camoscio Silvio, che in sole 2 ore ha fatto la strada (ma come ha fatto? continuo a chiedermi…)
La cena si svolge in un’atmosfera tranquilla e rilassata. Con noi 11 ci sono anche altri 4 che approfittano della presenza di Silvio per chiedere consigli, per la salita del giorno dopo.
Alle 21 ci ritroviamo tutti a letto e vengono spente le luci (incredibile a 2800 metri abbiamo la luce elettrica, grazie a un pannello fotovoltaico che genera elettricità…una meraviglia!). La luna fa capolino dalla cresta della montagna con una luce brillante che illumina moltissimo. Sentiamo dei rumori: qualcuno è uscito dal bivacco…scopriremo che sono Ombretta e Roberto che a piedi nudi e in mutande sono andati a vedere le stelle e la luna!
La notte non mi passa più: fatico ad addormentarmi anche se sono contenta di essere in quell’ambiente caldo, comodo e accogliente con gente che amo…sento il respiro silenzioso di Carla che dorme accanto a me e quello un po’ meno silenzioso di Danilo che dorme dall’altra parte!
La mattina alle 4 mi sveglio con la sensazione di non aver dormito e un feroce mal di testa. Questo non promette bene.
Dopo la nostra fantastica colazione (a dire il vero non riesco a mangiare niente, solo a bere il the) ci incamminiamo alle 5 in punto sotto un cielo stellato da urlo (giuro: non ho mai visto un cielo così bello!), con le pile frontali nel buio della notte. Scopro che mi piace camminare nel buio senza vedere niente di più del necessario per fare solo il passo successivo: anche nella vita ci si ritrova spesso a camminare facendo solo un passo alla volta…La presenza di Silvio è molto rassicurante e mi piace molto l’intesa alpinistica che si crea tra lui e Marco, che chiude la fila.
Il mio problema è la testa che continua a farmi male e mi sta rovinando la giornata: decido allora di prendermi un calmante e poco dopo ritrovo il mio vigore. Mi torna la voglia di scherzare e l’energia scorre di nuovo in me. Al bivacco Andreotti ci imbraghiamo e mettiamo i caschi e arriva un’aria gelida che mi taglia le mani…quei 4-5- nevai gelati li ho proprio odiati, soprattutto quando sono scivolata e ho dovuto buttare le mani per tenermi!
Arrivati all’attacco via i bastoncini, ci si lega (almeno noi 4 pollastrini: Danilo, Carla, Ombretta e la sottoscritta) e poi per 2 ore ci si arrampica! Ragazzi che bello! Quanto mi sono divertita! Soprattutto al pensiero che da quei canalini ripidi avrei dovuto poi anche scendere…(voglio un elicottero!)…non sapevo ancora del metodo Kuleman usato da Silvio!
Le ultime due ore sono volate – nella tensione e divertimento della salita - e alle 9,15, con mia grande sorpresa, ci siamo ritrovati in cima: in 4 ore e un quarto avevamo fatto la punta, mentre l’altra volta, dal Quintino Sella ce ne avevo messe ben 6! Non c’è che dire, a invecchiare qualche volta si migliora!
L’atmosfera in punta è di grande euforia e contentezza: saluto e abbraccio molti…con Roberto ci abbracciamo in un modo che non necessita parole, siamo gasatissimi! Marco prepara per la messa e rido divertita dello spavento di Roberto che lo vede muoversi molto vicino al bordo…scatto una foto al nostro bel rappresentante del clero che mi sembra l’arcangelo Gabriele sopra le nuvole!
La Messa inizia come solo Marco sa fare: ciascuno può dire le proprie intenzioni di preghiera e questo crea il clima giusto…ci connettiamo con noi stessi, con gli altri e forse con Dio. Marco ricorda la famiglia Trucco e prega in particolare per Beniamino che oggi ha l’esame di ammissione al Conservatorio. Io sento Lia vicinissima, so che è lì in mezzo a noi, lei che amava tanto la montagna e il Monviso e che a soli 10 anni ne aveva fatto il giro con me, suo padre e Beniamino. Lei è lì e noi siamo un tutt’uno anche con tutti quelli che sono rimasti a casa e che per tanti motivi, non hanno potuto essere presenti (meno male se no mica ci stavamo tutti!) Danilo ringrazia Lia perché diversamente non sarebbe lì, Ombretta parla di un Dio che da lontano si è fatto vicino…c’è molta commozione in tutti noi e molti occhi lucidi. Io ricordo nella preghiera tutte le persone che seguo con i miei laboratori di scrittura e nel Counselling, le loro fatiche e i loro dolori; ricordo anche tutti gli amici dell’Associazione che mi hanno promesso di pensarci e sicuramente è così perché lì a 3841 metri siamo fisicamente in 11 ma spiritualmente molti molti di più! E poi a un certo punto della messa, dopo la fantastica ed essenziale omelia di Marco (che ha il raro dono di dire cose essenziali con poche semplici parole) sento che qualcosa si rompe dentro di me e inizio a piangere come una fontana, senza riuscire a fermarmi. Sento la mano di Roberto sulla mia spalla e quella di Marcello sul ginocchio e lo apprezzo tanto, perché in quel modo mi àncorano alla punta, impedendomi di perdermi nel mio dolore.
Ben presto viene l’ora di scendere e dopo un breve spuntino e foto ricordo ripartiamo, noi della cordata per ultimi con, davanti, gli “stambecchi” del gruppo! Man mano che procediamo nella discesa le mie paure per il vuoto sottostante svaniscono (il mio volo dalla finestra di 7,70 metri ha lasciato un po’ il segno…) e mi ritrovo a divertirmi come una matta, con il metodo del culo sulla roccia, consigliato da Silvio, che pazientemente guida la bravissima Ombretta, prima della cordata, nella discesa impervia del Viso. E tra una risata, una chiacchiera e il respiro affannato di Carla (che abita tutto l’anno 10 metri sotto il livello del mare e tribola il giusto per l’altitudine!) ci ritroviamo, dapprima all’Andreotti e poi alle Forciolline: in 3 ore e un quarto abbiamo fatto la discesa. Non male! Soprattutto perché siamo un gruppo numeroso: la nostra guida sembra soddisfatta di noi!
Un rapido spuntino con una gradita tazza di tè caldo, che mai ho trovato così buono, e si riparte. Giù per il vallone delle Forciolline si scende in un orrido, che ti spacca le gambe obbligandoti a saltare come una capra: cioè a continuare a fare quello che abbiamo fatto fin’ora…! E ogni volta che faccio apprezzamenti Marco mi dice: “Aspetta che questo non è ancora niente…” Effettivamente ci sono un paio di passaggi mica male che fatti in salita devono essere proprio terribili, soprattutto se hai uno zaino pesante sulla schiena. In uno di questi passaggi Carla riesce a cadere nel torrente, facendoci prendere un bello spavento: meno male che è “rotolata” e non ha picchiato la testa…si è solo infradiciata un po’. Almeno adesso può tornare in Olanda con i lividi che tanto desiderava!
Per quanto mi riguarda i lividi non mi mancano, avendone collezionati diversi lungo il cammino; come anche riesco a tornare a casa piena di punture di zanzare che per un lungo tratto ci aggrediscono voracemente. Insomma ci avviamo ormai stancamente alla fine della gita con il gruppo decisamente sfilacciato: i più sono davanti, io, Danilo e Carla a metà e dietro Marco con Massimo ed Elena, che pare non ce la faccia più. Capiremo dopo perché: la poverina ha due bolle dietro ai piedi, larghi come due piazze d’armi! Ci chiediamo come abbia fatto a resistere...Io invece mi trovo la sorpresa, appena tolto lo scarpone, di una caviglia indolenzita che peggiora nel dolore fino a non poterla più appoggiare: deve essere successo quando ho preso quella mezza storta un’ora e mezza prima. Meno male che ho continuato a camminare se no avrebbero dovuto venire a prendermi con l’elicottero!
Insomma, alla fine in tre ore e venti io, Danilo e Carla riusciamo ad arrivare, camminando quasi 11 ore nell’arco dell’intera giornata. Siamo tutti in piedi dalle 4 del mattino e abbiamo fatto 1000 metri di dislivello in salita e 2240 metri in discesa…ed è andato tutto decisamente molto bene. Arrivando alla strada trovo Ombretta a mollo nella fontana che si rinfresca i piedi e provo un moto di immensa gratitudine per tutti noi che siamo riusciti a fare questa cosa bellissima: che l’abbiamo sognata, progettata, organizzata, che ci abbiamo creduto, rendendola esperienza concreta. Si parla già di rifarla il prossimo anno…chi lo sa? Lia insegna che occorre mettere le ali ai propri sogni e combattere perché questi si realizzino.
Il suo breve passaggio su questa terra ha lasciato un seme…a noi che rimaniamo resta l’arduo, difficile e meraviglioso compito di farlo germogliare…