Scrivo a distanza di una settimana dalla nostra salita al Corborant, forse la più intima da quando abbiamo iniziato a camminare, ogni anno, con Lia. Siamo un gruppo piccolino, formato famiglia.
Io e Davide ci diamo appuntamento alle 4.15 ad Asti, un gran sonno ma felici di rivederci dopo un bel po di tempo. Sono grata a Davide per esserci, lui che sul Corborant ci salirebbe ad occhi chiusi e senza laiuto di nessuno, e invece cè.
A Strepeis si parcheggia e si constata che le nostre auto hanno fatto amicizia con numerose buse fresche, ci penseremo più tardi...ci penserà la pioggia...
Arrivano gli altri, Silvio, Marcello, Cilla, Enrica e Rebecca , saluti veloci e ci avviamo verso san Bernolfo... anzi, oltre san Bernolfo, su una strada da fuoristrada, dove la Panda di Davide arranca e poi comprensibilmente si arrende. Silvio avrà pietà di noi e ci verrà a recuperare, facendoci risparmiare un po di strada, e di tempo.
Tempo, appunto, non ne abbiamo tanto. Il meteo è instabile, bisogna salire senza tergiversare troppo, ora più ora meno, tutti i siti danno temporali nel pomeriggio.
Subito sento la nostalgia dello zaino rosa di Pietro Fiocco, ma me ne faccio una ragione, e salgo con decisione insieme al gruppo.
Tutto liscio fino al buco della marmotta, accesso obbligato per raggiungere il colletto del Corborant. Qui iniziano le manovre per la sicurezza: Silvio lega Cilla, Rebecca, Enrica e il riluttantissimo e capriccioso Marcello, mentre io e Davide saliamo con longe e moschettone.
Cilla fa storie, si misura le gambe e stabilisce che non ce la farà mai a salire quei gradini di ferro. Rebecca ride e progetta con Enrica la salita alla Est del Monviso.
Marcello Pellegrino ci rammenta che da lì è passato con Marcello Barbero, avevano solo 3 braccia e non hanno avuto nessun problema. Barbero, mi sei mancato!!!
Davide mi fa notare che il buco della marmotta, in realtà, non è che un canalino verticale su cui si è appoggiato un enorme masso....che prima o poi scivolerà a valle...ma concordiamo che non succederà proprio oggi...
Superiamo tutti lostacolo senza troppe difficoltà, raggiungiamo il colletto, e iniziamo un lungo traverso protetto da una catena; da lì, a breve, siamo sulla cima.
Silvio è singolarmente tollerante, ci lascia molto tempo per godere dello spettacolo del creato e della nostra amicizia. Siamo Uno.
Time out...il vento inizia a cambiare, meglio muoverci. Davide guida la discesa con la supervisione di Silvio, il passaggio nel buco è più semplice del previsto, in breve siamo fuori dai problemi, ora se vuole può anche piovere.
Pausa per mettere negli zaini casco e imbraghi, ed Enrica ci dice che compie gli anni il 24 ottobre, il giorno in cui è morta Lia.
E qui Cilla inizia a raccontare.
Racconta di quel giorno, passo dopo passo.
Per la prima volta da quando abbiamo iniziato a salire insieme con Lia.
Vedo Rebecca alle elementari e Cilla sotto shock.
Vedo Lia che apre una porta e passa.
Vedo Federico che passa. Roberto che passa. Joan che passa. Francesco che passa, Vannalisa che passa, mio padre che passa.
Passano e non chiudono la porta. La vita continua in unaltra forma. Ora lo so. Qui in alto si capisce meglio, per questo mi piace stare qui.
"Ora se vuole può anche piovere" e infatti inizia a piovere, grandina anche un po. Mi metto il caschetto...sono ridicola ma è molto funzionale.
Poi sole e vento, in 10 minuti siamo asciutti. Raggiungiamo le auto, poi il Rifugio Dahu.
Qui scopriamo da Silvio che il dahu è una creatura favolosa che vive in quelle vallate; visto che gira intorno alle montagne sempre nello stesso senso, ha le zampe da un lato più corte che dallaltro. Se malauguratamente cambia senso di marcia, fa una brutta fine. Nessuno conosceva questa storia, forse Silvio se lè inventata?
Rompiamo la tradizione, e facciamo il nostro momento di raccoglimento intorno al tavolo, con birra, bibite e panini.
Alcolici a parte, risulta un po difficile concentrarci perchè in pochi secondi inizia un temporale che dura almeno unora, di quelli che a me fanno paura. Ce lho nel DNA, mio nonno paterno è morto colpito da un fulmine nella vigna, quando mio padre aveva solo 10 anni; nella mia famiglia si tramanda che nulla è più pericoloso di un temporale forte, soprattutto se hai un tridente in mano.
Sotto il fragore dei tuoni e lo scrosciare dellacqua, parliamo tutti. Scambiamo emozioni, ad alta voce per sentirci. A voce alta, ci vogliamo bene.
Sono onesta, sento un gran vuoto per chi non cè più. Mi mancano nella mia vita qui, più li ho amati, più mi mancano.
Ma, ad essere ancora ed ancora più onesta, ogni passo in montagna è un passo verso il cielo, è seguire la melodia della vita.
Poi cè un punto, in vetta, da cui non puoi salire di più. Lì ci prendiamo per mano.
Rientro a Strepeis. Tutti a casa, tranne Cilla ed io, che proseguiamo il cammino in queste valli. Sono felice di essere con lei per qualche giorno, so che sarà proficuo.