Quest’anno Cilla ha alzato un po’ il tiro e ha messo in programma ben 2 salite in montagna. Una sfida all’isolamento dovuto alla pandemia, la reazione vitale di una piccola comunità (il nostro eterogeneo gruppo) al senso di solitudine che tutti bene o male abbiamo provato.
Comunque sia, il Col d’Entreves è stata una grande sfida per me. Ho impiegato un po’ a decidere, perchè l’idea di salire con la funivia fino al Rifugio Torino non mi piaceva affatto.
La tragedia del Mottarone non ha un granchè a che vedere con questo mio timore primitivo. Sono una che non corre in macchina perchè non si spiega come le ruote o il volante non si stacchino, che sta in apprensione quando la lavatrice centrifuga, che fa sempre le scale perchè il cavo d’acciaio degli ascensori non ce la potrà fare. Figuriamoci una funivia che sale di quasi 2000 metri....
Alla fine , decido di partecipare, sulla paura prevalgono la razionalità, l’amicizia e la tradizione...non voglio assolutamente lasciare a Marcello Pellegrino il titolo di "chi non è mai mancato"!!!
Viaggio da sola fino ad Ivrea, dove scrocco un passaggio in Valle a Marcello & Marcello, Silvio e Pietro Fiocco. Naturalmente, chiacchiere fino a destinazione, non ci vediamo da un bel po’!
A Courmayeur , appuntamento con le "ragazze" che hanno dormito lì, per partire più riposate. Cilla, Rebecca, Enrica ed Olga (queste ultime, per me graditissimi volti nuovi) si uniscono a noi, il gruppo è pronto per partire.
La funivia no. La notte precedente ha fatto un temporale fortissimo, ed è tutto fermo. Ecco, lo vedi? Figuriamoci se arriviamo sani e salvi. Magari non parte, dai...
Invece parte.
’sta cabina sale e come se non bastasse gira anche, mi guardo intorno, sono tutti contenti, e hanno ragione perchè il panorama è spettacolare, dicono.
Per farla breve, arriviamo. Qui si che, con i piedi per terra, posso ammirare senza timore una natura grandiosa, generosa, infinitamente bella. Capisco che ne è valsa la pena.
Partiamo decisi, ci allontaniamo dagli impianti , e ci prepariamo a camminare sul ghiacciaio. Ramponi, imbrago, caschetto, manovre per legarsi. Giornata limpida, come sempre....
Sarà la gita più facile e meno faticosa che questo gruppo abbia mai fatto. Proprio per questo ce la godiamo in pieno. Si cammina con calma, le gambe tengono benissimo e c’è spazio per riempire gli occhi di bellezza e il cuore di gratitudine.
Mi godo lo sguardo su tutte le cordate che salgono sulle cime intorno a noi, faccio il tifo per loro, cerco di imparare qualcosa dalla loro progressione.
Al colle, la nostra meta, ci fermiamo per il nostro momento di raccoglimento, abbiamo tempo in abbondanza e la temperatura è favorevole.
In quel paradiso, però, mi prende il magone, e non dirò quasi una parola. Troppa bellezza è un po’ traditrice, a volte mentre apre il cuore, chiude anche la gola.
Cilla parla e piange. E’ dolore e gioia insieme, inno alla vita e ai suoi cicli, assenza e gratitudine. Intimamente la ringrazio, perchè credo dia voce a tutti noi, anche quando non sappiamo esprimerci.
Ci stringiamo in cerchio, Lia e tutti gli altri sono con noi.
Rientriamo con calma, il cuore continua a riempirsi di bellezza.
Tappa al Rifugio Torino, poi di nuovo in funivia. In discesa sono più rilassata, e riesco anche ad apprezzare la rotazione della cabina che permette di guardarsi intorno a 360°. Penso anche a come si violenta una montagna per costruire un impianto così grandioso, e questo è l’aspetto che non mi piace.
Ci abbracciamo, ci salutiamo. Con diversi di questi amici ci rivedremo a breve sul Corborant, e lì ci sarà davvero da faticare!